KING OF THE OPERA
Nothing Outstanding
La Famosa Etichetta Trovarobato/Audioglobe
Fino ad oggi, per veicolare la sua musica, il ventiseienne Alberto Mariotti aveva utilizzato lo pseudonimo di Samuel Katarro. Chiunque segua, anche solo distrattamente, la scena musicale indipendente italiana, non avrà potuto non imbattersi in questo nome, visto che i suoi due dischi – Beach Party del 2008 e The Halfduck Mystery del 2010 – sono stati tra i più chiacchierati ed osannati dalla stampa negli ultimi anni. Non un abbaglio critico, giacché davvero la miscela di blues, psichedelia acida, folk, pop barrettiano e rock indipendente messo a segno in quei dischi, si è palesata quale una ventata di creatività ed aria fresca da far rizzare non poco le orecchie. Qualche mese fa, pubblicando prima il semi bootleg dal vivo Live At The Place e poi l’antologia (in digitale) The Death Of Samuel Katarro, Mariotti dava il via ad una nuova fase della sua carriera musicale, stavolta sotto la denominazione King Of The Opera. A giustificare il cambio d’intestazione, vi è una revisione dei canoni musicali fin qui proposti, anche se i musicisti che lo seguono in questa nuova avventura sono praticamente gli stessi, ovvero il batterista Simone Vassallo ed il multistrumentista Wassilij Kropotkin (chitarre, violino, piano, tastiere ed effetti). Il blues, che già era in buona parte scomparso nel secondo album, qui è del tutto assente, e lascia il posto a sonorità nettamente più rock. Anche la scrittura stessa dei brani pare muoversi verso territori meno bizzarri, lasciandosi alle spalle le derive barrettiane e watsiane del passato. In un primo momento, questo aspetto, aveva indotto a pensare ad un ridimensionamento del lato più originale della sua musica. Gli ascolti ripetuti hanno però alla fine fugato ogni dubbio: Nothing Outstanding è ancora un disco notevolissimo, probabilmente ancora più solido e lucido dei precedenti, un po’ più istintivi. Lo dimostra subito, del resto, l’attacco con Fabriciborio, un’espansa ballata lisergica, dapprima liquidamente lirica, poi sempre più rock nel suo svolgersi. Worried About, venisse da una band inglese, sarebbe un singolo perfetto: bella melodia in primo piano, stesa su un arrangiamento elettroacustico, reso dinamico da una propulsiva spinta pop-rock. La successiva GD invece rallenta, preferendo virare su malinconici lidi psych-folk, lasciando a The Floating Song il compito di tornare a far vibrare le chitarre, attraverso un pezzo che non poco porta alla memoria i Radiohead più rock, quelli di The Bends per intenderci. Molto d’atmosfera la title-track, guidata da un piano Rhodes e con un mood notturno e sospeso, mentre Heart Of Town è una lunga ballata dai tratti wave, percorsa da lancinanti lamine chitarristiche. Nine-Legged Spider getta un ponte verso le sonorità dei dischi di Katarro, esplicitando scenari da incubo bizzarro, ben sottolineati dal piano e dalla chitarra elettrica. In qualche modo fa lo stesso anche Pure Ash Dream, ma qui il proscenio è preso da un’inquieta filastrocca dark, contrappuntata dallo svisare di un violino e aperta nella seconda parte da un elettrico moto ascensionale, parente di certe cose dei Low. Rimanendo in tema di ponte col passato, la dolce ballata pianistica che chiude le danze, s’intitola The Halfduck Misery, quasi come il suo secondo album. In definitiva, un disco che rimane vario e molto creativo questo primo King Of The Opera, che conferma il talento di un ragazzo che, alla faccia dei tempi grami che stiamo vivendo a tutti i livelli, ha un grande futuro di fronte a sé. Consigliatissimo.
Lino Brunetti
