SKOM
Chi Odi Sei
Pippola Music
È piacevole rimanere ancora sorpresi quando un disco del genere giunge sulla tua scrivania, finisce nel lettore e li ci rimane per un bel po’. SKOM è l’acronimo di Some Kind Of Make-up, che è l’alone slabbrato di una bruciatura o il cerone messo di fretta per coprire un difetto, è il trucco che rende ancora più evidente l’errore, è la voglia di mascherare ciò che non è nascondibile producendo l’effetto contrario. L’album si svolge secondo un canovaccio di musica che poco spazio lascia all’empatia ed alla musicalità, anche le melodie (che ci sono) sono trasversali e trattate in maniera glaciale, scure, pesanti, metronomiche. Provate ad ascoltare Penelope: un beat ossessivo e una voce che ricorda Vasco Rossi (?!?) posizionata su un contesto assolutamente sballato, bellissimo, tremendamente accattivante. Registrato tra Forlì e Palermo, concluso nella campagna romagnola da Ester “La Cruz” Santacroce (chitarre, voci), Gianluca “Graeme” Gramentieri (chitarre, voci) e Martin Rush (basso, synth, beats, voci). A loro si aggiunge l‘intenso innesto della polistrumentista Simona Norato, già con Cesare Basile. Testi in italiano, siciliano e inglese che si focalizzano sulla Magna Grecia, ricchi di riferimenti mediterranei e ancestrali fanno da contraltare ad una musica che prende il via dal synth pop degli anni ottanta, sfilando new wave e pulsazioni industriali, regalando dolcezze ricche di asperità e scudisciate rumorose degne dei migliori Killing Joke. Un disco che entra di traverso nel cuore, trafiggendolo con stilettate possenti, lasciando che sia la musica a lenire le ferite, ma con la sensazione che la medicazione sia inefficiente e che il rimedio sia peggiore della causa, un piccolo grande skom.
Daniele Ghiro