VIOLATION WOUND
Dying To Live, Living To Die
Peaceville Records
Il leader degli Autopsy Chris Reifert torna a distanza di un anno con la sua band, spin off della band madre. Un divertissement non fine a se stesso visto che questo nuovo lavoro, come già il precedente, è una bomba hardcore di notevole fattura. I tempi e i minutaggi sono importanti, 18 brani per 31 minuti di musica, tanto per far capire in che ambito ci muoviamo: schegge impazzite di pura brutalità, recuperate tra un tour e l’altro, scaraventate in faccia a chi ancora non ha perso l’amore per i Discharge, tanto per dire un nome noto. Mentre i Municipal Waste viaggiano su territori più metal i Violation Wound si attaccano al treno del punk, quello secco, diretto e velocissimo. La voce di Chris ha la giusta dose di cattiveria, i brani sono brevi assalti senza nessun ammiccamento commerciale, solo deflagrazioni continue con pochissimi, ma significativi, rallentamenti sparsi qua è la. Addirittura alla Black Sabbath nel riff lento in mezzo alla velocissima Dead Flags, una Neighborhood Psycho invece in stile Oi!, una marcia funebre per Lemmy (The Day Lemmy Die), gli Agnostic Front omaggiati a piene mani nella lunghissima Dying To Live, Living To Die che incredibilmente raggiunge i 3 minuti. Insomma, non c’è di che annoiarsi, una mezz’oretta passata in allegria che mi lascia con il collo fumante (la vecchiaia è una brutta cosa) e tanto rispetto per chi ancora si degna di andare dritto per la propria strada senza essere ammaliato da sirene malefiche, guardandosi alle spalle di quanto vissuto e trovando ancora in questa carica primordiale “solamente la voglia di buttare giù una manciata di riff che spaccano il culo” (Chris Reifert a domanda risponde). Niente da aggiungere: è semplicemente così.
Daniele Ghiro