ROLAND S. HOWARD
TEENAGE SNUFF FILM
POP CRIMES
MUTE
Il suono di chitarra di Roland Howard ha definito una generazione. Era il migliore di tutti noi. La sua influenza continua a riverberare, attraverso gli anni, fino a oggi. Veramente uno dei più grandi. Parola di Nick Cave, uno che Roland S. Howard aveva avuto modo di conoscerlo bene.
Australiano come Cave, aveva mosso i primi passi con gli Young Charlatans, ma era quando s’era unito ai Boys Next Door, in seguito diventati The Birthday Party, proprio con Nick, Mick Harvey e tutti gli altri, che il chitarrista aveva posato le basi per entrare nella leggenda, facendo vedere non solo quello che era capace di fare con una sei corde in mano, ma iniziando a mostrare anche grandi doti come songwriter. Quella compagine di talentuosi pazzi non poteva reggere molto a lungo e quando nel 1983 si sciolse, Howard si ritrovò in Europa, dove s’era trasferiti con tutti gli altri, in cerca di nuovi approdi. Il primo lo trovò a fianco di Simon Bonney co-fondando i Crime & The City Solution, gruppo col quale rimase il tempo di lavorare all’EP d’esordio e al primo, mitico album (Room Of Lights), prima di portarsi dietro il fratello Harry Howard e il batterista Epic Soundtracks e, con l’aggiunta della tastierista Genevieve McGuckin, dare vita ai These Immortal Souls, band in cui finalmente prendeva in mano il microfono e le redini. Un EP e un album poco oltre la metà degli anni 80 e un secondo disco nel 92 il lascito della formazione, in anni in cui Howard era anche coinvolto in collaborazioni con Lydia Lunch e molti altri artisti.
Arriviamo così al 1999 e al vero oggetto di questa recensione, ovvero la succinta carriera solista del chitarrista e songwriter australiano. Teenage Snuff Film fu registrato a Melbourne per l’appunto sul finire degli anni 90. A collaborare con lui, Howard chiamò il vecchio amico Mick Harvey (il quale suonò batteria, organo e chitarra) e il bassista Brian Hooper, ma nel disco fa una comparsata anche la McGuckin e ci sono un paio di musicisti agli archi. Irreperibile da tempo e oggi rimasterizzato da Lindsay Gravina, Teenage Snuff Film viene ristampato da Mute sia in CD che in doppio vinile, ed è davvero un bene perché trattasi di un album straordinario. L’album usciva in uno dei periodi più difficili per il musicista, tornato in Australia dopo la dissoluzione dei These Immortal Souls e artisticamente su un binario morto, decisamente lontano dalla luce dei riflettori. La disperazione che probabilmente lo colpiva viene fuori da liriche che parlano di cuori spezzati, autodistruzione e disagio e trova un contraltare in musiche votate all’oscurità. La chitarra di Howard domina queste ballate gotiche e noir, dall’animo blues e dalle melodie ombrose. Che ci siano affinità con l’universo caveiano è quasi scontato, ma Howard, che comunque era il principale architetto sonoro nei Birthday Party e parecchio influenzò il futuro sound dei Bad Seeds, aveva un rapporto con il rock’n’roll classico maggiormente marcato, che qui viene fuori in pezzi straordinari come l’intensa Dead Radio, la minimale e sferzante Breakdown (And Then…), una She Cried che pare arrivare dritta dai sixties, la pulsante e allucinata Exit Everything. Il mood notturno dell’ottima Silver Chain si stempera nel passo più melodico di White Wedding, sorprendente cover di un pezzo di Billy Idol, mentre la lunga Undone si divide fra parti affilate e incalzanti e più atmosferici rallentamenti dai contorni malinconici e westernati. Il passaggio attraverso la lenta e desolata Autoluminescent conduce verso il finale di Sleep Alone, oltre sette minuti di esplosione chitarristica, dove Roland dà il suo meglio sdoppiandosi fra lirismo e folate di feedback assassino.
Nonostante la sua bellezza, Teenage Snuff Film non fece andare il suo autore oltre il solito circuito di culto e per tutto il primo decennio del nuovo millennio di fatto Howard sparì dai radar. Dopo qualche sporadica comparsata qui e là, rientrò in studio con Mick Harvey (organo e batteria) e J.P. Shilo (chitarra, violino, basso) nel 2009 per registrare Pop Crimes, il suo secondo lavoro solista, del quale però riuscì a malapena a vedere l’uscita (nell’ottobre 2009) visto che, per tragica ironia della sorte, due giorni prima del capodanno del 2010 morì a causa di un tumore al fegato, mentre aspettava di avere un trapianto. Pop Crimes non ha la stessa dolorosa urgenza dell’esordio, però è comunque un altro ottimo album ed è sicuramente denso di ottime canzoni a partire dal duetto pop noir con cui si apre, (I Know) A Girl Called Jonny, nella quale la voce di Roland si alterna a quella di Jonnine Standish degli HTRK. Due le cover in scaletta, l’ipnotica e acida Life’s What You Make It, in origine dei Talk Talk, e la Nothing di Townes Van Zandt affogata tra sibili spettrali e lamine chitarristiche, elementi che finiscono per accrescere l’oscurità già presente nell’originale. In Shut Me Down Howard veste i panni del consumato crooner, in quella che è una splendida torch song, mentre nella disillusa e amara Ave Maria fornisce l’appropriato sentimento a una ballata accorata. La title-track si appoggia a un giro di basso da spy-story, Wayward Man incalza livida e potente, mentre The Golden Age Of Bloodshed mette la parola fine a questo involontario testamento ponendosi visionaria e sciamanica.
Entrambe le ristampe non propongono nessun contenuto aggiuntivo, ma nel caso non li conosceste questa è un’occasione ghiotta per riscoprire (o scoprire per la prima volta) due album e un autore che non solo non meritano l’oblio, ma a cui va riassegnata l’importanza che gli compete. Consigliatissimi insomma.
Lino Brunetti