THE MYSTERINES
REELING
FICTION

A prenderla alla leggera, è anche divertente leggere di tanto in tanto i soliti proclami circa “la morte o la rinascita del Rock” che, a intervalli regolari, si trovano in giro. Divertenti anche perché quasi sempre pretestuosi nelle loro tesi di fondo, per non parlare poi delle argomentazioni che vengono portate per supportarle. E così, dopo esserci sorbiti a lungo tutta la solfa riguardante la scomparsa della musica fatta con le chitarre, negli ultimi tempi ci è toccato invece imbatterci in roboanti trionfalismi circa il grande ritorno del Rock che, lungi dall’essere pronto per la sepoltura, vive e lotta assieme a noi grazie a grandissime band come Greta Van Fleet e addirittura i Måneskin, e pazienza se nessuna delle due succitate band abbia canzoni degne di questo nome nei loro trascurabilissimi dischi.
Banale pistolotto iniziale per dirvi che potrebbe capitarvi di leggere le minchiate di cui sopra anche riferite a questi The Mysterines, giovanissimo quartetto di Liverpool, già incensato da tutta la stampa inglese che conta, prima ancora che arrivassero all’esordio. Diciamolo chiaro: questi quattro ragazzetti non saranno i salvatori di una musica che forse non necessita di essere salvata, non s’inventano proprio nulla di nuovo e, probabilmente, non hanno altra ambizione che la legittima voglia di fare la loro cosa e divertirsi. E però, sicuramente rispetto ai due nomi citati sopra, bisogna riconoscere loro grande freschezza e la capacità di scrivere canzoni che rimangono in testa ed esaltano, il ché è poco meno che “tutto” se parliamo di rock’n’roll diretto e chitarristico.
Buona parte del merito è della cantante e chitarrista Lia Metcalfe, uno scricciolo di ragazza che però ha una voce che non passa inosservata, ben supportata dal resto della band composta dal bassista George Favager, dal chitarrista Callum Thompson e dal batterista Paul Crilly. Assieme hanno messo a punto questo Reeling, che è un esordio dove quasi ciascuno dei suoi tredici pezzi è un potenziale singolo killer.
Diciamo che siamo dalle parti del rock alternativo anni 90, ovvero grandi melodie pop, chitarre rumorose e grunge, atmosfere torbide e ritmi incalzanti quando serve. In più loro ci aggiungono belle infiltrazioni blues (Reeling, la sulfurea e gotica Under Your Skin), mescolando i Nirvana a PJ Harvey (Old Friends Die Hard) e giostrando al meglio la scaletta, tirando fuori un’acustica e una slide in On The Run, accelerando l’hard psych The Bad Things, profilandosi solo voce e chitarra in Still Call You Home o facendosi avvolgenti in Confession Song.
È chiaro che un ascoltatore scafato e di lungo corso potrebbe essere portato a snobbarli, scovando in dischi e artisti del passato tutto quanto si sente qui dentro, però credo sia un errore, un po’ perché non è questa musica da intellettualizzare e poi perché un pezzo come All These Things è uno di quegli inni che non si vede l’ora di poter cantare saltando e urlando a squarciagola in mezzo a migliaia di altre persone. Eleggete Reeling a colonna sonora della corsetta mattutina e le vostre prestazioni subito miglioreranno.
Lino Brunetti