WALTER PRATI & EVAN PARKER/LUKAS LIGETI & JOAO ORECCHIA
Phonometak #9
PAOLO CANTU’/XABIER IRIONDO
Phonometak #10
Wallace/Audioglobe
Con i volumi IX e X (questo secondo, fresco di stampa), si chiude la cosiddetta serie gialla, messa assieme tramite lo sforzo congiunto di Wallace Records e Phonometak Labs. L’intera serie è composta da dieci split album (in vinile 10″, tiratura limitata e numerata di 500 copie), il cui unico imperativo è sempre stato la più totale libertà, senza preoccuparsi troppo di seguire una linea precostituita che non fosse, semplicemente, quella di pubblicare grande musica. Ed è così che negli otto volumi precedenti si è passati dall’avanguardia al doom, dal jazz alle sperimentazioni rock e così via, spesso all’interno dello stesso LP. Tanti i nomi importanti che si sono susseguiti, sia italiani che internazionali: gli Zu (con Iriondo) e gli Iceburn, Mats Gustaffson e Paolo Angeli, gli OvO e i Sinistri (ancora una volta con Iriondo), Damu Suzuki (con Metak Network e con gli Zu), i Talibam! e i Jealousy Party, Gianni Gebbia e Miss Massive Snowflake, il trio Uchihasi Kazuhisa, Massimo Pupillo, Yoshigaki Yasuhiro e gli On Fillmore, gli Scarnella di Nels Cline e Carla Bozulich ed i Fluorescent Pigs. Nel nono volume della serie, il primo lato è occupato dalla collaborazione tra il sassofonista (al soprano) Evan Parker ed il compositore e ricercatore musicale Walter Prati (electronics, violoncello), già in passato protagonisti pure in un progetto musicale che vedeva coinvolto Thurston Moore dei Sonic Youth. Due tracce, la prima registrata durante una performance al Vancouver Jazz Festival del 2004, la seconda, invece, a Risonanze, a Venezia, datata 1999: The Western Front espone un serratissimo fraseggio di sax, mescolato alle infiltrazioni degli electronics, in modo da dar vita ad un sound brulicante e densissimo; più nebulosa e sospesa è invece Sonanze, decisamente più cinematica ed evocativa, tanto da guidare l’ascoltatore in un paesaggio indistinto, misterioso, fumoso. Sul secondo lato ci sono invece tre tracce fuoriuscite da una session tra Lukas Ligeti (batteria, microfoni) ed il sudafricano Joao Orecchia (electronics, chitarra, armonica, voce). Tre tracce, le loro, che pongono l’enfasi sui ritmi dettati dalle bacchette di Ligeti, attorno ai quali si attorcigliano le folate soniche in bilico tra avant, jazz e sperimentazione rock di Orecchia. In un pezzo come Fox paiono farsi avanti anche delle derive etno che aggiungono ulteriore carne al fuoco. Per il capitolo finale della serie si è, giustamente, deciso di giocare in casa: i titolari dell’ultimo split sono il proprietario stesso di Phonometak Labs, l’Afterhours e molto altro Xabier Iriondo, ed il suo compagno di mille avventure (Six Minute War Madness, A Short Apnea, Uncode Duello, gli ultimi Tasaday), Paolo Cantù. Quattro tracce, sul primo lato, per quest’ultimo, due sul secondo per Iriondo. L’idea di partenza, qui, per le musiche di entrambi è simile, è sta nel far interagire field recordings e reperti etnografici con nuova musica di matrice avant rock/elettronica. Sono assai diverse, però, le modalità che i due utilizzano: Cantù, armato di chitarre, clarinetto, batteria, sanza, organo, zither, voce, electronics e tapes, utilizza le registrazioni del passato come elementi d’arrangiamento, quindi come parti di nuove canzoni vere e proprie, ottimamente orchestrate e musicalmente d’incredibile fascino. Iriondo fa qualcosa di diverso: prende vecchie gommalacche a 78 giri, con registrazioni di vecchi jazzettini, canti delle mondine, voci e ne fa dei collage su cui poi interviene con svantagliate noise e ritmiche sfrangiate e destabilizzanti, creando dei cortocircuiti tra passato e presente di notevole impatto. Una chiusa, insomma, davvero ottima per l’intera serie che, ci auguriamo, possa essere un giorno raccolta in un unico cofanetto, magari anche in CD.
Lino Brunetti