Best 2021

Dopo l’orribile 2020, il 2021 è stato nuovamente un anno difficile. La speranza sarebbe di poterlo archiviare come anno di transizione verso la normalità, cosa che però non si può affermare dato che al momento è ancora difficilissimo fare previsioni su ciò che ci attende e quindi è meglio tacere.

Quantomeno, sia pur ancora timidamente, è ripresa l’attività live (mentre scrivo tornata però nuovamente in forse), tanto che il sottoscritto è stato anche a diversi festival durante l’anno (End Of The Road in UK, Le Guess Who? in Olanda, Ferrara Sotto Le Stelle, Todays e Barezzi in Italia), oltre ad aver assistito a molti altri concerti, magari non come ai bei vecchi tempi, ma quel tanto che basta da poter cominciare a sperare che le cose possano tornare presto a rimettersi sui binari definitivamente. Come si diceva, però, anche solo per questioni di scaramanzia, è meglio non lanciarsi in previsioni.

Quella che di sicuro non è mancata, nel 2021, è stata la bella musica, tanto che credo di non essere stato investito da così tanti dischi come quest’anno. Un problema per certi versi, perché è diventato praticamente impossibile seguire tutto ciò che si desidererebbe, ma spesso anche frequentare come si deve i dischi che emergono dal marasma, pur dedicando alla musica un sacco del proprio tempo (è chiaro che a casa mia lo stereo non è mai spento).

Sono una prova di quanto dico le classifiche di fine anno che avrete già iniziato a vedere in giro, mai così varie e diversificate, nelle quali pure uno come me che ha ascoltato letteralmente centinaia di album nuovi, continua a trovare decine e decine di dischi potenzialmente da esplorare, a riprova ulteriore dell’incredibile mole di uscite, della varietà delle proposte, dell’impossibilità di abbracciare tutto anche per chi, come il sottoscritto, non ha preclusioni verso nessun genere e, pur avendo i propri gusti e le proprie idosincrasie, è animato sempre da grande curiosità.

In coda a quest’articoletto troverete il collegamento a una mega playlist di oltre 250 brani per svariate ore di musica. S’intitola Best 2021, ma il titolo è fuorviante, nel senso che dentro ci ho stipato dei brani tratti dai molti dei dischi che ho ascoltato durante l’anno (non da tutti, però). Non sembrasse presuntuoso potrei sostenere che sia una sorta di sunto dell’annata messa in piedi da un avveduto curatore, ma la realtà è che essa è più una sorta di promemoria e taccuino d’appunti realizzato soprattutto per me stesso, senza dimenticare poi che in essa mancano comunque moltissime cose, compreso quello che potrebbe essere il vostro disco preferito del 2021! V’invito comunque a dedicarle un ascolto, in mezzo al mazzo qualche bella scoperta la farete di sicuro.

Come detto altre volte, ma ogni anno sempre di più quindi, queste classifiche di fine anno sono più una sorta di gioco, il cui valore è quello che è. Personalmente però le trovo utilissime e divertenti, perché attraverso di esse continuo a scoprire cose che mi erano sfuggite, oppure sono portato a rivalutare cose che inizialmente avevo momentaneamente accantonato non dedicandogli la giusta attenzione. Nella lista che andrete a leggere qui sotto, almeno due/tre titoli sono entrati in extremis, proprio grazie a scoperte dell’ultima ora, fatte attraverso qualche lista o tramite l’accorto suggerimento di qualche contatto social illuminato.

La lista è così organizzata: in evidenza c’è un singolo disco scelto come “Disco dell’anno”, ben sapendo che la cosa di per sé non ha alcun senso; seguono cinquanta dischi in ordine alfabetico, cinque album dal vivo, tre ristampe (scelte tra le cose meno risapute) e tre film a carattere musicale.

A vincere la palma di disco dell’anno stavolta è toccato a Iosonouncane, il cui Ira è un lavoro di incredibile forza immaginifica, un mastodonte sonoro di quasi due ore che è continuato a crescere con gli ascolti e che è esploso ulteriormente attraverso la sua riproposizione live (ho avuto modo di vederlo tre volte). Un disco importante per la visione che gli sta dietro, per il suo essere stato pensato fin da subito come album e non come una semplice raccolta di canzoni da lanciare sui siti di streaming (sempre più la norma, apparentemente), per lo stile adottato che è sintesi fra vari linguaggi musicali. Se n’è parlato moltissimo, spesso a sproposito o comunque non con il giusto distacco, e sono convinto che sia un disco che rimarrà e che anche in futuro verrà ricordato come un classico della musica italiana.

Tra i cinquanta dischi c’è di tutto un po’. Si conferma la prosecuzione della lunga ondata delle nuove leve post punk, con alcune conferme (Shame, Viagra Boys, IDLES, anche i black midi, che però non sono in lista) e alcuni esordi che vengono segnalati tra le cose migliori sentite quest’anno (Black Country, New Road, Dry Cleaning, Squid). Parallelamente ad essa, si confermano tra le cose più interessanti quelle che arrivano dall’immenso e variegato universo black, nel quale confluiscono soul, jazz, hip hop, elettronica, funk e contaminazioni varie, per una serie di proposte eccitanti e stimolanti a dir poco. Qui i nomi da fare sono quelli di artisti quali Little Simz, Damon Locks Black Monument Ensemble, Sault, Ben Lamar Gay, Sons Of Kemet, Space Afrika, Cleo Sol e, se vogliamo, BadBadNotGood e pure l’incontro tra una leggenda quale Pharoah Sanders e un maestro dell’elettronica quale Floating Points.

In mezzo al resto, di tutto un po’, da quella che è stata, per me, l’artista rivelazione dell’anno (la cantante e compositrice di origini pakistane Arooj Aftab, fresca di firma per la prestigiosa Verve), a conferme di nomi ormai consolidati e sempre sulla breccia (gli inossidabili Low su tutti, ma poi The Notwist, gli Arab Strap, Nick Cave & Warren Ellis, i Goodspeed You! Black Emperor, Alessandro Cortini, Amerigo Verardi, Tindersticks, la grande accoppiata Bonnie “Prince” Billy/Bill Callahan o quella tra Sufjan Stevens e Angelo De Augustine, Sleaford Mods), a cui si aggiungono alcuni nomi nuovi (Anna B Savage, Marta Del Grandi, Arlo Parks), battitori liberi (lo strepitoso incontro tra The Body e Big/Brave, l’esordio epocale degli Springtime, l’intensissima LINGUA IGNOTA, la canzone disossata di Emma Ruth Rundle, il visionario Blak Saagan, i Vanishing Twin, l’Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp), ma anche alcune cose di rock più (The War On Drugs, Weather Station, The Hold Steady, Mdou Moctar, The Mountain Goats, Hiss Golden Messenger, Jim Ghedi, Steve Gunn, Ryley Walker) o meno “classico” (ancora Big/Brave, Tropical Fuck Storm, Deefheaven, gli sconosciutissimi Horseloverfat).

Tutti imperdibili i dischi dal vivo segnalati, mentre nel mare magnum delle ristampe mi pare giusto segnalare il cofanetto definitivo dedicato ai Faust, le ristampe dei dischi dei Seefeel e quella dell’album degli El Muniria.

Chiudo infine con tre film musicali imperdibili, con menzione speciale per Get Back ovviamente, un colpo al cuore per qualsiasi beatlesiano.

È tutto, vi lascio alle liste, alla playlist e ovviamente vi auguro uno splendido 2022 di musica e non solo!

Lino Brunetti

Album Of The Year
IOSONOUNCANE – IRA

TOP 50 (in ordine alfabetico)
AROOJ AFTAB – VULTURE PRINCE

ARAB STRAP – AS DAYS GET DARK

BADBADNOTGOOD – TALK MEMORY

BIG/BRAVE – VITAL

BONNIE “PRINCE” BILLY/BILL CALLAHAN – BLIND DATE PARTY

BLACK COUNTRY, NEW ROAD – FOR THE FIRST TIME

BLAK SAAGAN – SE CI FOSSE LA LUCE SAREBBE BELLISSIMO

THE BODY + BIG/BRAVE – LEAVING NONE BUT SMALL BIRDS

NICK CAVE & WARREN ELLIS – CARNAGE

ALESSANDRO CORTINI – SCURO CHIARO

DAMON LOCKS BLACK MONUMENT ENSEMBLE – NOW

MARTA DEL GRANDI – UNTIL WE FOSSILIZE

DRY CLEANING – NEW LONG LEG

DEAFHEAVEN – INFINITE GRANITE

BEN LAMAR GAY – OPEN ARMS TO OPEN US

GODSPEED YOU! BLACK EMPEROR – G_D’S PEE AT STATE’S END!

JIM GHEDI – IN THE FURROWS OF COMMON PLACE

STEVE GUNN – OTHER YOU

HISS GOLDEN MESSENGER – QUIETLY BLOWING IT

THE HOLD STEADY – OPEN DOOR POLICY

HORSELOVERFAT – GREETINGS FROM NOWHERE

IDLES – CRAWLER

LINGUA IGNOTA – SINNER GET READY

LITTLE SIMZ – SOMETIMES I MIGHT BE INTROVERT

LOW – HEY WHAT

MDOU MOCTAR – AFRIQUE VICTIM

THE MOUNTAIN GOATS – DARK IN HERE

THE NOTWIST – VERTIGO DAYS

ORCHESTRE TOUT PUISSANT MARCEL DUCHAMP – WE’RE OK, BUT WE’RE LOST ANYWAY.

ARLO PARKS – COLLAPSED IN SUNBEAM

EMMA RUTH RUNDLE – ENGINE OF HELL

FLOATING POINTS, PHAROAH SANDERS & THE LONDON SYMPHONY ORCHESTRA – PROMISES

SAULT – NINE

ANNA B SAVAGE – A COMMON TURN

SHAME – DRUNK TANK PINK

SLEAFORD MODS – SPARE RIBS

CLEO SOL – MOTHER

SONS OF KEMET – BLACK TO THE FUTURE

SPACE AFRIKA – HONEST LABOUR

SPRINGTIME – SPRINGTIME

SQUID – BRIGHT GREEN FIELD

SUFJAN STEVENS & ANGELO DE AUGUSTINE – A BEGINNER’S MIND

TINDERSTICKS – DISTRACTIONS

TROPICAL FUCK STORM – DEEP STATES

VANISHING TWIN – OOKII GEKKOU

AMERIGO VERARDI – UN SOGNO DI MAILA

VIAGRA BOYS – WELFARE JAZZ

RYLEY WALKER – COURSE IN FABLE

THE WAR ON DRUGS – I DON’T LIVE HERE ANYMORE

THE WEATHER STATION – IGNORANCE

LIVE ALBUMS
THE BLACK CROWES – THE HOMECOMING CONCERT, ATLANTA, DECEMBER 1990 (in Shake Your Money Maker Deluxe)

JAMIE BRANCH – FLY OR DIE LIVE

CAN – LIVE IN STUTTGART 1975

BRUCE SPRINGSTEEN & THE E STREET BAND – THE LEGENDARY 1979 NO NUKES CONCERTS

THE THE – THE COMEBACK SPECIAL

RISTAMPE
FAUST – 1971-1974

EL MUNIRIA – STANZA 218 + REMIXES

SEEFEEL – ST / FR / SP + (CH-VOX) REDUX + SUCCOUR REDUX

FILM MUSICALI
PETER JACKSON – GET BACK

TODD HAYNES – THE VELVET UNDERGROUND

AHMIR “QUESTLOVE” THOMPSON – SUMMER OF SOUL

Best 2020

Che il 2020 sia stato un anno terribile, di cui tutti non vediamo l’ora di sbarazzarci, è una cosa che non devo venire io a dirvela. Che eredità si lascerà alle spalle questo allucinante anno fatto di malattia, morte, isolamento, slanci di solidarietà, ma in alcuni casi anche di follia, è assai difficile dirlo adesso, quando ancora ci siamo in mezzo. Devo dire che all’inizio, tra marzo e aprile, la sensazione che potesse essere almeno l’occasione per rivedere o quantomeno aggiustare la nostra way of life ce l’avevo anche; a distanza di qualche mese quella convinzione vacilla, perché tra le tante discussioni che sento sul nostro futuro da parte di politici e governanti di tutto il mondo, mi pare che la grande assente sia quella riguardante ciò che vorremo fare in futuro per salvaguardare il nostro pianeta e metterci al riparo da altre probabili pandemie (o peggio), come vorremo riaggiustare l’accesso alle sue risorse, per non parlare poi di una analisi seria sul fatto che anche grazie a questa immane tragedia si è ancor di più acuita la divaricazione fra ricchissimi e poveri/poverissimi.

Mi fermo qui, non è questa la sede per discorsi di questo tipo. Francamente non ho neppure gli strumenti e le capacità per addentrarmi troppo in questo territorio. Lasciatemi però ricordare un’immagine che rimarrà nella Storia e che, in futuro, racconterà questi tempi senza bisogno di parole: è quella del papa solitario in una piazza deserta, sotto la pioggia. Non c’è bisogno di essere religiosi, né tantomeno aver bisogno di chissà quali conoscenze per coglierne la portata simbolica e la deflagrante potenza emotiva. In un articolo che parla del meglio del 2020, non si poteva proprio non citarla!

Passiamo quindi alla musica. Per fortuna, da questo punto di vista le cose sono andate benissimo, di dischi bellissimi ne sono usciti una valangata quest’anno e lo dimostra la lunghissima playlist che ho allegato in coda a questo articolo, con pezzi tratti da oltre 200 album, eppure, nonostante ciò, lo stesso parziale, monca di un sacco di dischi che avrei voluto sentire, ma ai quali ancora non sono riuscito ad avvicinarmi.

Nel compilare la lista – trenta titoli internazionali, un disco live, cinque italiani e una piccola selezione di ristampe/boxset – mi sono attenuto alle regole di sempre: il mio gusto personale ovviamente; la volontà di coprire più o meno i vari generi che seguo; infine le frequentazioni (hanno vinto insomma i dischi che ho ascoltato di più).

Mio personale disco dell’anno – ma da quello che vedo in giro, non solo mio – Fetch The Bolt Cutters di Fiona Apple, un’autrice che non si fa viva molto spesso, ma che ogni volta che lo fa dimostra il suo incredibile talento. Qui unisce scrittura eccelsa, arrangiamenti originalissimi, la capacità di piegare i generi al proprio volere e un gusto pop mai diretto, piuttosto laterale anzi, messo al servizio di testi che lasciano il segno. Non la faccio troppo lunga, un capolavoro!

Appena un gradino sotto il nuovo Bob Dylan che, messe finalmente da parte le riletture sinatriane, è tornato con un disco ipnotico e letterario, con una voce macerata dagli anni più fascinosa che mai e un pugno di brani anch’essi forse non così immediati, ma proprio per questo destinati a durare e fonte continua di piacere.

In quello che segue, di tutto un po’: giovani cantautori dal piglio indubbiamente personale (Kevin Morby, Daniel Blumberg, Sam Amidon, Sam Lee); un drappello di cantautrici che avrebbe potuto essere decisamente più ampio e che mi ha fatto penare fino all’ultimo in termini di inclusioni ed esclusioni (Jess Williamson, Waxahatchee, Adrianne Lenker, A.A. Williams, This Is The Kit); band e musicisti “storici” tornati con dischi di altissimo livello (Thurston Moore, The Flaming Lips, Bright Eyes, Fleet Foxes, Sonic Boom, The Dream Syndicate, X, Black Lips); nuove band che consolidano le loro carriere (IDLES, Fontaines D.C., Metz); formazioni di ultra culto (Big Blood); musicisti tra jazz, black music e inafferabilità (Shabaka & The AncestorsMourning (A) BLKstar, Horse Lords, The Heliocentrics); esordienti o giù di lì (Porridge Radio, King Hannah).

Un commento a parte se lo merita Bruce Springsteen. Letter To You non è il capolavoro di cui si è letto da più parti; la sua parte centrale è tutto sommato deboluccia, anche se ammetto che si fa comunque ascoltare con piacere. Ci sono cose, però, qui dentro, che sono tra le migliori sentite quest’anno. Sappiamo tutti che il furbone è andato a ripescare tre pezzi vecchi del suo repertorio inedito, ma non era così scontato che ce le propinasse con un suono così spettacolare, per qualsiasi springsteeniano addirittura da lucciconi agli occhi, ma credo grandiosi per chiunque abbia anche solo vaghe conoscenze musicali. Il resto beneficia del più classico suono E-Street Band e, nei casi migliori, riesce addirittura a esaltare, come probabilmente non succedeva da anni con un disco di Springsteen (anche se a me, per dire, Western Stars piaceva non poco). Molte di queste canzoni (Burning Train, Ghosts, I’ll See You In My Dreams, la stessa Letter To You), sono sicuro che spaccheranno dal vivo e insieme alle tre (citiamole: Janey Needs A Shooter, If I Was The Priest, Songs For Orphans) spero proprio che potremo vederle dal vivo il prima possibile.

I dischi italiani che ho messo in lista avrei potuto tranquillamente mescolarli assieme agli altri, ma ho preferito segnalarli a parte per permettere di identificarli più velocemente. Grandioso il nuovo monumentale album di Giorgio Canali & Rossofuoco, fascinosissime le canzoni oscure e gotiche di Nero Kane, una bella sorpresa l’esordio dei Viadellironia, come sempre ficcante la psichedelia dei Giöbia. Bellissimo poi l’album di Annie Barbazza, scoperto proprio di recente grazie alla sua inclusione in alcune liste di fine anno, uno dei motivi per cui queste classifiche continuano a essere un giochetto sempre interessante.

Sulle ristampe non mi dilungo molto, ne ho scelte otto, ma ne sono uscite una marea di parimenti interessanti. Citando invece lo stupendo disco dal vivo dei War On Drugs, arriviamo invece a quella che è stata la vera tragedia del 2020 musicale: la quasi totale assenza dei concerti. Non voglio tornare nuovamente sulla questione, ma è chiaro che il mio augurio più grande per il 2021 è che si possa finalmente tornare ad assistere alla musica dal vivo, perché è lì che si alimenta sul serio la passione per la musica, che la si vive in maniera completa. Dedico quindi questo articolo a tutti i gestori di locali, promoter, tecnici, baristi e a tutti coloro che operano nel settore a vario titolo, perché questa maledetta pandemia rischia di spazzare via anni di esperienze e una serie di professionisti che non se lo meritano affatto e che da quasi un anno soffrono mille difficoltà. E ovviamente lo dedico anche a quei musicisti che hanno bisogno dei concerti per continuare a fare la propria musica e sopravvivere. Speriamo davvero che nel corso del 2021, almeno in questo, si possa tornare alla normalità, mandando definitivamente affanculo questo annus horribilis!

Lino Brunetti

IL PODIO

FIONA APPLE – Fetch The Bolt Cutters

BOB DYLAN – Rough And Rowdy Ways

IL RESTO (in ordine alfabetico)

SAM AMIDON – Sam Amidon

BIG BLOOD – Do You Wanna Have A Skeleton Dream?

BLACK LIPS – Sing In A World That’s Falling Apart

DANIEL BLUMBERG – ON&ON&ON

BRIGHT EYES – Down In The Weeds, Where The World Once Was

FLEET FOXES – Shore

FONTAINES D.C. – A Hero’s Death

HORSE LORDS – The Common Task

IDLES – Ultra Mono

KING HANNAH – Tell Me Your Mind And I’ll Tell You Mine

SAM LEE – Old Wow

ADRIANNE LENKER – Songs & Instrumentals

METZ – Atlas Vending

THURSTON MOORE – By The Fire

KEVIN MORBY – Sundowner

MOURNING (A) BLKSTAR – The Cycle

PORRIDGE RADIO – Every Bad

SHABAKA & THE ANCESTORS – We Are Sent Here By History

SONIC BOOM – All Things Being Equal

BRUCE SPRINGSTEEN – Letter To You

THE DREAM SYNDICATE – The Universe Inside

THE FLAMING LIPS – American Head

THE HELIOCENTRICS – Infinity Of Now

THIS IS THE KIT – Off Off On

WAXAHATCHEE – Saint Cloud

A.A. WILLIAMS – Forever Blue

JESS WILLIAMSON – Sorceress

X – Alphabetland

LIVE ALBUM

THE WAR ON DRUGS – Live Drugs

ITALIA

GIORGIO CANALI & ROSSOFUOCO – Venti

NERO KANE – Tales Of Faith And Lunacy

VIADELLIRONIA – Le Radici Sul Soffitto

ANNIE BARBAZZA – Vive

GIÖBIA – Plasmatic Idol

RISTAMPE

A.A.V.V. – The Harry Smith B-Sides

TREES – Trees 50th Anniversary

RICHARD & LINDA THOMPSON – Hard Luck Stories 1972-1982

LOU REED – New York – Deluxe Edition

PRINCE – Sign ‘O’ The Times

TOM PETTY – Wildflowers & All The Rest

THE ROLLING STONES – Goats Head Soup – Deluxe Edition

SWANS – Children Of God/Feel Good Now

Best of 2018

Come ogni anno di questi tempi, sulle riviste musicali, sui siti internet, sui blog, finanche sulle bacheche di Facebook degli appassionati di musica, è tutto un fiorire di classifiche, discussioni e discettazioni circa il meglio uscito nell’anno appena passato. Nonostante io ascolti qualche centinaio di dischi nuovi ogni anno, a leggere queste classifiche mi rendo sempre conto che quello che riesco a coprire è solo una piccolissima parte di ciò che esce, il che rende praticamente privo di alcun senso stilare queste interminabili liste.

Siccome spesso è la vita stessa ad avercene poco di senso, cosa ci rimarrebbe se non giocassimo almeno un po’? Io, anche quando non mi ci ritrovo, nelle classifiche degli altri trovo spunti per nuovi ascolti e scoperte e per questo continuo a ritenerle utili e divertenti, quanto basta insomma per spingermi ormai da qualche anno a dare anche il mio contributo.

Cosa dire di questo 2018 appena conclusosi? Sostanzialmente ciò che diciamo da diversi anni a questa parte: tanta, tantissima, troppa (probabilmente) nuova musica, spessissimo di ottimo livello, ma avarissima di capolavori, di dischi che sappiano essere sintesi dei tempi che stiamo vivendo, musicalmente ma non solo.

L’unico disco uscito nel 2018 a cui riconosco la capacità di essere specchio di questo periodo storico e di proporre musica ad altissimi livelli, coraggiosa e per nulla timorosa di sfidare l’ascoltatore è il disco dei Low, senza tema di smentita il mio disco dell’anno e uno dei pochi sui quali mi sentirei di scommettere sul fatto che resisterà al passare del tempo. Da quando è uscito non ho smesso di ascoltarlo e, anzi, con gli ascolti è cresciuto sempre più.

Il resto della lista, esclusi forse i primi 15 titoli, avrebbe potuto, a seconda dei momenti, essere anche piuttosto diversa: il criterio scelto è stato quello dei dischi frequentati di più o comunque ho scelto dischi con una loro forza intrinseca all’interno dei loro generi.

Per quanto sia assolutamente open minded faccio ancora un po’ di fatica a trovare del buono in certa nuova elettronica di consumo, sia essa legata al variegato mondo black (soul, r&b, hip-hop etc) o meno, e di questo mi scuserete (però ho apprezzato non poco gli album di Jorja Smith e Blood Orange). Tutti gli altri generi credo siano in qualche modo toccati, quantomeno nella maxi playlist che va molto oltre i 31 titoli scelti e che v’invito ad esplorare.

Quest’anno ho frequentato pochissimo il mondo delle ristampe, ma almeno un titolo bisogna citarlo, ovvero il maxi boxset dedicato alla riedizione del primo album di Liz Phair.

Che dire d’altro? Buon ascolto!!

Lino Brunetti

DISCO DELL’ANNO

LOW – DOUBLE NEGATIVE

a0366675901_10

GLI ALTRI QUINDICI

JULIA HOLTER – AVIARY

julia-holter-aviary-e1536243709914

TY SEGALL – FREEDOM’S GOBLIN

a1476423984_10

DANIEL BLUMBERG – MINUS

resize

MATTIEL – MATTIEL

a2913277084_10

IDLES – JOY AS AN ACT OF RESISTANCE

a2336397456_10

MARIANNE FAITHFULL – NEGATIVE CAPABILITY

negative-capability-marianne-faithfull-cover-ts1541123523

RYLEY WALKER – DEAFMAN GLANCE

a2308568208_10

SPAIN – MANDALA BRUSH

81d9nc4kpSL._SL1500_

ANY OTHER – TWO, GEOGRAPHY

two-geography

COURTNEY BARNETT – TELL ME HOW YOU REALLY FEEL

a3297919058_10

KURT VILE – BOTTLE IN IT

744861114611

FUCKED UP – DOSE YOUR DREAMS

a0465328280_10

CALIBRO 35 – DECADE

COVER_1500x1500

BODEGA – ENDLESS SCROLL

a1596674546_10

MARC RIBOT – SONGS OF RESISTANCE 1948-2018

maxresdefault

E ALTRI QUINDICI

GNOD – CHAPEL PERILOUS

a2963162185_10

ANNA VON HAUSSWOLFF – DEAD MAGIC

a3291194671_10

PARQUET COURTS – WIDE AWAKE!

Parquet-Courts-Wide-Awake

CAT POWER – WANDERER

cat-power-wanderer

OHMME – PARTS

a1861485548_10

ANNA CALVI – HUNTER

anna-calvi-hunter-e1535613385465

CLOUD NOTHINGS – LAST BUILDING BURNING

a0146488465_10

DRINKS – HIPPO LITE

a3442618147_10.jpg

THE EX – 27 PASSPORT

a0867370351_10

MIND OVER MIRRORS – BELLOWING SUN

a3281551120_10

THE NECKS – BODY

a3079202239_10

JON HOPKINS – SINGULARITY

singularity-jon-hopkins

SONS OF KEMET – YOUR QUEEN IS A REPTILE

Sons-Of-Kemet-Your-Queen-Is-A-Reptile

ONEIDA – ROMANCE

a0675888392_10

RY COODER – THE PRODIGAL SON

ry-cooder-the-prodigal-son

RISTAMPA DELL’ANNO

LIZ PHAIR – GIRLY SOUND TO GUYVILLE

61VKV+tLL-L

Inside Primavera Sound 2018 #3

primavera-sound-2018png.jpg

Panoramica sugli artisti della line up del Primavera Sound 2018.

IDLES

Da poco hanno infiammato con il loro live show anche l’Italia, e quindi, per chi non ha potuto esserci, quale migliore occasione se non quella di vederseli al Primavera? Il loro debutto Brutalism è una bomba e, di conseguenza, gli Idles sono uno dei nomi più caldi ed esaltanti dell’edizione di quest’anno! Segnateveli fin d’ora!