Nuova recensione dagli archivi. Tratta dal Buscadero dell’ottobre 2003.
RUFUS WAINWRIGHT
Want One
Dreamworks
Parte con un coro che è come un eco lontano. Attaccano poi dei fiati guardinghi e sopra una voce angelica inizia il suo racconto: Men’s reading fashion magazines… A poco a poco l’orchestra si fa largo tra gli intarsi vocali e il pezzo si innalza verso vertici bigger than life, dove scenari felliniani si fondono con il fantasma del Bolero di Ravel. Oh What A World, il pezzo che apre questo terzo disco di Rufus Wainwright, è assolutamente strepitoso e, come si diceva una volta, basterebbe a giustificare l’acquisto. Per nostra fortuna il CD non finisce qui ed anzi allinea altri tredici scrigni pop che è un piacere aprire e scoprire. Ma andiamo con ordine. Rufus Wainwright, omosessuale dichiarato e figlio d’arte – i genitori sono Loudon Wainwright III e Kate McGarrigle – ha già avuto modo di imporre il proprio talento con due album, Rufus Wainwright e Posies. Con un background musicale che, a fianco del pop e del rock, allinea una passione smodata per il cabaret, per l’opera, per la musica di Tin Pan Alley, il suo nome si è smarcato da subito dalla categoria “figli d’Arte”, per passare automaticamente in quella dei talenti tout court. Merito di una scrittura efficace, di una voce notevole e di una particolare abilità nel fondere le proprie passioni in uno stile elegante e non pasticciato, anche quando l’uso di orchestrazioni è massiccio. E grazie anche, in parte quantomeno, al saper attorniarsi di personalità musicali di un certo peso (nel primo album, ad esempio, al suo fianco c’era Van Dyke Parks). Want One è il primo di due album, scaturiti da sessions durate sei mesi in cui, con l’ausilio di un produttore affermato come Marius de Vrìes e di un gruppo di notevoli musicisti – ricordo tra gli altri Charlie Sexton, Levon Helm, Sterling Campbell, Linda Thompson e Kate McGarrigle – sono state registrate più di trenta canzoni. E’ grande pop quello che propone Rufus, un pop che affonda le sue radici nel musical, nella citata popular music di Tin Pan Alley, in dischi dagli arrangiamenti sontuosi come Sgt Peppers o Pet Sounds, nelle ballate pianistiche di Randy Newman. Il tutto rimasticato e centrifugato all’interno di canzoni ottimamente scritte ed arrangiate e in uno stile proprio e appassionato. Di Oh What A World abbiamo detto, ma è tutto l’album a celare bellezze, una via l’altra. Mi piacerebbe citare tutti i brani ma, preferendo lasciare scoprire a voi le vostre preferite, mi limiterò a citare la leggerezza di Vicious World, l’intensità di Go Or Go Ahead, gli archi pizzicati di Vibrate. Alternando pezzi più orchestrali ad altri più misurati ed essenziali, Want One si segnala come disco pop fuori dal tempo, in cui, miracolosamente, la melassa riesce a non fuoriuscire dal vaso e che andrà a risvegliare l’anima romantica sopita dentro ciascuno di voi.
Lino Brunetti