Come ormai avviene da molti anni, stilare una lista dei migliori dischi usciti nei dodici mesi precedenti non equivale veramente al tracciare tendenze o al tentare di capire dove sta andando la musica che tanto amiamo. Intanto, come detto più volte, è ormai impossibile avere un quadro vero e sensato di tutto ciò che esce, vista l’enorme mole di dischi nuovi dai quali veniamo sommersi settimanalmente. Ci sarebbe poi da considerare l’estrema frammentazione in micro nicchie, spesso non granché comunicanti fra loro, e quanto le piattaforme di streaming e social network come Tik Tok abbiano reso del tutto privo di senso persino il concetto di contemporaneità, per completare il quadro e per farci capire quanto scrivere lì in alto “Best 2023” sia alla fine un concetto alquanto aleatorio.
Del resto, neppure scandagliare la classifica generale di un sito quale Album Of The Year, che si prende la briga di accorpare le classifiche di numerossisime testate, 126 nel momento in cui scrivo, prevalentemente inglesi e americane, serve a farsi le idee più chiare, non facendo vedere nessuna grande rivoluzione in atto (perché di fatto non ce n’è) e mettendo sul podio tre dischi, quelli delle boygenius, di Caroline Polachek e di Lana Del Rey che, al di là del giudizio artistico che uno ne possa dare, proprio nulla di nuovo hanno in realtà da offrire, a partire proprio da quello apparentemente più contemporaneo come quello della Polachek, esponente di quell’hyper pop che, ancor più di altre sigle che si sono viste negli anni, sa di supercazzola da giornalisti, inventata per spacciare per chissà che canzoncine pop elettroniche, magari anche carine, eh!, ammantandole di una consapevolezza postmoderna di cui non che ci fosse tutto sto gran bisogno.
E allora, dopo sto pallosissimo pistolotto, perché anche quest’anno siamo qui a stilare le nostre ennesime classifiche? Beh, il motivo principale, ovviamente, sarebbe il fatto che è divertente farle, ma soprattutto che è divertente leggerle. Proprio per i motivi di cui sopra, anche chi, come il sottoscritto, di dischi in un anno ne ascolta un’infinità, con queste liste ha sempre modo di scoprire cose che gli erano sfuggite e che magari finiscono per diventare tra le proprie preferite. In questo senso, ancor più che le liste che appaiono sulle testate come somma algebrica dei voti dei collaboratori, particolarmente interessanti sono quelle personali, spesso veicolate anche su social come Facebook, sia da addetti ai lavori, che da semplici appassionati (a riprova di quanto siano popolari, a dispetto di quanti ogni anno, prendendosi forse un po’ troppo sul serio, spendono tempo e fatica nello spiegare perché non andrebbero fatte).
In questa disgraziata era dove le playlist valgono più degli album, aggiungerne un’altra non è un volersi accodare al trend generale, ma vuole chiaramente essere spunto per spingervi ad andare ad ascoltare dischi che forse non avevate preso in considerazione. Come ogni anno, potete partire dai miei elenchi, ovviamente testimonianza unicamente del mio gusto e nulla più, cesellati fino all’ultimo, ma che domani stesso sarei pronto a cambiare nuovamente, oppure dalla mega playlist (appunto) messa in coda all’articolo e che, nonostante contenga brani attinti da oltre 200 album, non fa altro che scalfire la punta di un iceberg.
Detto questo, passo a un rapido riassunto delle mie scelte. Come l’amico Luca Salmini, anche per me il disco dell’anno è False Lankum dei Lankum, un album che perfettamente affonda le sue radici nella tradizione folk del passato, facendole però vivere in un sound sperimentale e cupo, d’intensità straziante, tanto da farsi ipotetica colonna sonora ideale per un’annata, straordinaria musicalmente per chi scrive, ma di tutt’altro tono per ciò che è successo e continua a succedere nel mondo.
Nell’anno in cui Taylor Swift è eletta personaggio dell’anno da Time – 6/7 dei suoi dischi contemporaneamente nella classifica dei dischi più venduti, il suo tour primo a superare il miliardo di dollari di guadagni (tanto da influire sul Pil americano) e detentrice di un potere economico, ma soprattutto pervasivo, tale da essere ritenuta da molti analisti capace d’influire sulle prossime elezioni presidenziali USA – sono altre le ragazze che a me hanno interessato (anche se il per molti versi incomprensibile fenomeno Swift andrebbe indagato a fondo): innazitutto PJ Harvey che, continuando a cambiare e sperimentare sulla sua scrittura e sul suo modo di cantare, con I Inside The Old Year Dying ci ha consegnato l’ennesimo grande disco. E poi l’esordio di Kara Jackson – scoperto proprio spulciando le liste di fine anno – poetessa e cantautrice che con Why Does The Earth Give Us People To Love? tocca le giuste corde attraverso canzoni bellissime. E poi l’ex Lingua Ignota, oggi Reverend Kristin Michael Hayter, che con SAVED!!! prende il prewar folk per trasformarlo in mistiche e allucinate preghiere gotiche; L’Rain, più pop che in passato, ma sempre capace di sperimentare sul tessuto della canzone e oltre in I Killed Your Dog; Mitski, finalmente in grado di offrire un disco di rara bellezza cantautorale; Anohni, tornata coi Johnsons, per un disco dall’anima soul assolutamente clamoroso; la compianta jamie branch, il cui terzo capitolo della serie Fly Or Die, uscito postumo, ci fa capire quanto lontano sarebbe andata la sua musica, ben oltre i confini del jazz; la compositrice Kali Malone e i suoi monumentali drone estatici, in Does Spring Hide Its Joy in compagnia di Lucy Railton e Stephen O’Malley; la grandissima Melanie De Biasio con la sua opera visionaria Il Viaggio; infine Aya Metwalli, che con la band libanese Calamita ha messo a punto un disco in cui incrociare tradizioni mediorientali e noise rock sperimentale.
Per il resto, grandiosi più che mai i Fire! Orchestra del mastodontico Echoes; taglienti e potentissimi i BIG|BRAVE di Nature Morte; nuovamente in parte sottovalutati, ma autori di uno dei dischi più riusciti dell’anno gli Algiers di SHOOK; originalissimi e unici come al solito i The Necks di Travel; classicissimi e pertanto adorabili gli Yo La Tengo di This Stupid World; stranamente dimenticati da quasi tutti gli Swans, a loro modo malinconici, del sempre stupendo The Beggar.
Amando i Lankum, un vero colpo al cuore è stato Cyrm, debutto del side project di Radie Peat con Katie Kim ØXN; ma lo stesso potrei dire per il favoloso misto di country, punk e alt-rock dei giovani Wednesday, così come di I Am Not There Anymore dei Clientele, band in realtà in giro da molto, ma che devo ammettere mai avevo approfondito.
In un anno in cui diversi grandi nomi sono tornati alla ribalta – i Rolling Stones di Hackney Diamonds (bel disco, considerato tutto, ma con una produzione con tutti i cursori al massimo di un Watt che non mi aveva convinto sul disco di Iggy Pop e qui conferma le mie perplessità), Peter Gabriel (mai stato un suo fan, ma ottimo album davvero), Depeche Mode (idem), Everything But The Girl, etc – se devo scegliere quello che per me è stato un ritorno veramente a grandissimi livelli, cioé capace di stare davvero al fianco dei loro album migliori, allora citerei i maturi e toccanti Blur di The Ballad Of Darren.
Tutte da esplorare le altre liste, anche ricorrendo alla playlist citata prima, da quella dei Runners (molti titoli avrebbero potuto finire ipoteticamente in Top 20), a quella delle ristampe/live/archivi, nella quale figurano album imperdibili come il “nuovo” Sparklehorse (che chiaramente sarebbe stato tranquillamente in Top 20), l’incredibile live dei Sonic Youth e tutto ciò che segue (sapendo di aver lasciato fuori un mondo di robe).
Mi soffermo invece sugli italiani. Il personaggio dell’anno, qui, sarebbe idealmente Valentina Magaletti, protagonista in diversi dischi e progetti (Vanishing Twin, VZ, Holy Tongue, Better Corners, per stare ai principali) tutti invariabilmente ottimi e da sentire. Il mio disco dell’anno, però, è in questo caso il doppio La mia falsa identità del cantautore milanese Paolo Saporiti, un autore da sempre personale, profondo, classico ma aperto alla sperimentazione, che qui ha toccato uno dei vertici, forse il, della sua ormai ricca produzione. A seguire la sempre brava e, in questo caso, più psichedelica che mai, Emma Tricca; le rivelazioni Daniela Pes e Massimo Silverio; le conferme di Cigno, Marta Del Grandi, San Leo e Leatherette, due grandi live da parte di Iosonouncane (uno dei due con Paolo Angeli), il grandissimo, nuovo disco dei Bachi Da Pietra. E molto altro ci sarebbe stato.
In chiusura, in quanto spettatore seriale di concerti, anche una lista di live che hanno lasciato un segno, con i Wilco sopra tutti, spettacolari al Todays di Torino e autori nel 2023 anche dell’ottimo Cousin, prodotto da Cate Le Bon.
Film, libri? Avrei potuto anche scriverne, ma direi che per quest’anno mi sono dilungato anche troppo. Buon 2024 a tutti!!
Lino Brunetti
DISCO DELL’ANNO
LANKUM – FALSE LANKUM
TOP 20
1. PJ HARVEY – I INSIDE THE OLD YEAR DYING
2. KARA JACKSON – WHY DOES THE EARTH GIVE US PEOPLE TO LOVE?
3. FIRE! ORCHESTRA – ECHOES
4. BIG|BRAVE – NATURE MORTE
5. ALGIERS – SHOOK
6. ANOHNI & THE JOHNSONS – MY BACK WAS A BRIDGE FOR YOU TO CROSS
7. REVEREND KRISTIN MICHAEL HAYTER – SAVED!!!
8. THE NECKS – TRAVEL
9. L’RAIN – I KILLED YOUR DOG
10.THE CLIENTELE – I AM NOT THERE ANYMORE
11. ØXN – CYRM
12. YO LA TENGO – THIS STUPID WORLD
13. WEDNESDAY – RAT SAW GOLD
14. BLUR – THE BALLAD OF DARREN
15. JAIMIE BRANCH – FLY OR DIE FLY OR DIE FLY OR DIE ((WORLD WAR))
16. AYA METWALLI & CALAMITA – AL SAHER
17. MITSKI – THE LAND IS SO INHOSPITABLE AND SO ARE WE
18. MELANIE DE BIASIO – IL VIAGGIO
19. KALI MALONE – DOES SPRING HIDE ITS JOY
20. SWANS – THE BEGGAR
RUNNERS (in ordine sparso)
21. MURDER CAPITAL – GIGI’S RECOVERY
22. SANAM – AYKATHANI MALAKON
23. WILCO – COUSIN
24. VANISHING TWIN – AFTERNOON X
25. GOAT (JP) – JOY IN FEAR
26. ANIMAL COLLECTIVE – ISN’T IT NOW?
27. LONNIE HOLLEY – OH ME OH MY
28. GOAT – MEDICINE
29. SUFJAN STEVENS – JAVELIN
30. GRIAN CHATTEN – CHAOS FOR THE FLY
31. ROBERT FORSTER – THE CANDLE AND THE FLAME
32. BAR ITALIA – TRACEY DENIM
33. THE WAEVE – THE WAEVE
34. ALL HANDS_MAKE LIGHT – DARLING THE DAWN
35. NATURAL INFORMATION SOCIETY – SINCE TIME IS GRAVITY
36. ME LOST ME – RPG
37. BONNIE “PRINCE” BILLY – KEEPING SECRETS WILL DESTROY YOU
38. BLACK COUNTRY, NEW ROAD – LIVE AT BUSH HALL
39. BLONDE REDHEAD – SIT DOWN FOR DINNER
40. ROSE CITY BAND – GARDEN PARTY
41. ANNA B SAVAGE – IN|FLUX
42. QUASI – BREAKING THE BALLS OF HISTORY
43. MATANA ROBERTS – COIN COIN CHAPTER 5: IN THE GARDEN
44. IRREVERSIBLE ENTANGLEMENTS – PROTECT YOUR LIGHT
45. MODERN NATURE – NO FIXED POINT IN SPACE
46. WATER FROM YOUR EYES – EVERYONE’S CRUSHED
47. DOROTHY MOSKOWITZ & THE UNITED STATES OF ALCHEMY – UNDER AN ENDLESS SKY
48. MATT ELLIOTT – THE END OF DAYS
49. SAM BURTON – DEAR DEPARTED
50. BOYGENIUS – THE RECORD
ITALIA
1. PAOLO SAPORITI – LA MIA FALSA IDENTITÀ
2. EMMA TRICCA – ASPIRIN SUN
3. DANIELA PES – SPIRA
4. CIGNO – NADA! NADA! NADA!
5. MARTA DEL GRANDI – SELVA
6. MASSIMO SILVERIO – HRUDJA
7. BACHI DA PIETRA – ACCETTA E CONTINUA
8. IOSONOUNCANE – QUI NOI CADIAMO VERSO IL FONDO GELIDO/JALITAH (con Paolo Angeli)
9. SAN LEO – AVES RARAS
10. LEATHERETTE – SMALL TALK
RISTAMPE/LIVE/ARCHIVI
1. SPARKLEHORSE – BIRD MACHINE
2. SONIC YOUTH – LIVE IN BROOKLYN 2011
3. AA. VV. – BLANK GENERATIONS: A STORY OF U.S./CANADIAN PUNK & ITS AFTERSHOCKS 1975-1981
4. CAT POWER – SINGS DYLAN: THE 1966 ROYAL ALBERT HALL CONCERT
5. PHAROAH SANDERS – PHAROAH
6. THE JESUS & MARY CHAIN – SUNSET 666
7. THE BREEDERS – LAST SPLASH
8. MYRIAM GENDRON – NOT SO DEEP AS WELL
9. GARETH LIDDIARD – STRANGE TOURIST
10. J.T. IV – THE FUTURE
CONCERTI
1. WILCO al Todays, Torino
2. KING GIZZARD & THE LIZARD WIZARD all’Alcatraz, Milano
3. MURDER CAPITAL all’End Of The Road, UK
4. BIG|BRAVE al Gagarin, Busto Arsizio
5. LANKUM al Beaches Brew, Ravenna
6. BILL ORCUTT QUARTET a Le Guess Who?, Utrecht
7. ALAN SPARHAWK a Le Guess Who?, Utrecht
8. WILL SHEFF/OKKERVIL RIVER all’Arci Bellezza, Milano
9. UNWOUND al Primavera Sound, Barcellona
10. GOAT (JP) al Magazzino sul Po, Torino