Indigo Sparke
Hysteria
Sacred Bones Records

Per farsi largo nel music business, un peso sul cuore (come canta in Pressure In My Chest) e una testa piena di canzoni (ce ne sono ben 14 nel suo secondo album Hysteria) possono anche bastare, ma per raggiungere il successo servono talento, fascino, carisma, trovarsi nel posto giusto al momento giusto, una casa discografica che ci creda, i musicisti all’altezza, un produttore capace di interpretare quello che gira nell’aria e soprattutto il fatidico colpo di fortuna, che al momento è l’unica cosa che manca alla giovane cantautrice Indigo Sparke.
Trovare la propria strada non è stato del tutto semplice, perché a Sydney in Australia dove è nata, Indigo Sparke ha cominciato recitando come attrice, ma le sono bastati un paio di EP per ritrovarsi in tour come supporto dei Big Thief, un’esperienza che le ha fatto capire quale fosse il suo posto, l’ha spinta a trasferirsi a New York (quale luogo migliore per chi nutre sogni di rock’n’roll?) e l’ha portata al contratto con la statunitense Sacred Bones Records, che lo scorso anno ha pubblicato il debutto Echo, prodotto da Adrianne Lenker e Andrew Sarlo, e che oggi le da fiducia stampando il nuovo Hysteria, realizzato grazie ai contributi di Aaron Dessner dei The National in veste di produttore e musicista.
Non c’é dubbio che la fanciulla sia dotata di un certo buon gusto per quanto riguarda i produttori e anche la scelta dei musicisti lascia presagire che abbia le idee piuttosto chiare, dato che ad accompagnarla in Hysteria ci sono il chitarrista straordinario Shahzad Ismaily (basta ascoltare uno degli ultimi album di Sam Amidon per intuire le ragioni dell’aggettivo) e il batterista Matt Barrick (dei The Walkmen e Muzz), che scontornano le canzoni con tenui sfumature acustiche o incisivi movimenti elettrici assecondando l’alternanza di luci e ombre che riempie i testi.
A giudicare dalle tematiche delle canzoni che secondo la cartella stampa trattano di “...amore, perdita, la sua storia e il disordine emotivo che circonda quelle sensazioni…”, Indigo Sparke si direbbe una folksinger tutta intimismo e intensità e del resto è più o meno l’impressione che suscitano ballate in punta di dita come la romantica Pluto, i sospiri seducenti di confidenze elettroacustiche come l’incantevole Real, il cosmico folk della lirica titletrack o la malinconia di serenate dall’aura country come la splendida Sad Is Love, ma come ha dichiarato Aaron Dessner fin dalla prima volta che ha ascoltato questi brani, “…c’è già così tanto qui dentro…” che è difficile trovare punti di riferimento, se non quando i graffi della chitarra in orbita lo-fi di Blue evocano magari da lontano i malumori della prima PJ Harvey o quando la vaga fragranza pop di Pressure In My Chest e il tenore elettrico di God Is A Woman’s Name fanno venire in mente l’ispirazione di cantautrici come Angel Olsen o The Weather Station.
Impossibile non essere abbastanza d’accordo con Dessner, quando ragionando su Hysteria lo descrive come “…coeso, senza tempo e ispirato in un modo che so che continuerò a riascoltare…”, perché è difficile pensarla altrimenti quando partono l’urgenza emotiva e la livida ruvidezza indie di Hold On, l’ariosa spinta folk rock di Set Your Fire On Me, il circuitare elettroacustico di una meravigliosa Infinity Honey, la mestizia folkie di Why Do You Lie?, lo sferragliare alternative di Golden Ribbons o la sensualità di ballate da plenilunio come Time Gets Eaten.
Forse a breve Indigo Sparke diventerà la nuova voce di una generazione al pari delle artiste citate sopra o magari tirerà a campare come tante altre in attesa che qualcosa succeda, anche se a giudicare dalla bellezza di Hysteria si direbbe stia accadendo proprio qui e ora.
Luca Salmini