BAR ITALIA “The Twits”

BAR ITALIA
THE TWITS
MATADOR

Non saprei dire se si tratta di una nuova tendenza, di un modo per far sì che il proprio nome non cada nel dimenticatoio o se un po’ alla volta, forse a causa delle piattaforme di streaming e della progressiva irrilevanza dei formati fisici, tutti torneranno a pubblicare diversi dischi all’anno come negli anni sessanta, ma mi pare che negli ultimi tempi la distanza fra un album e l’altro per molti gruppi si sia assottigliato. Lasciamo stare i casi limite tipo King Gizzard & The Lizard Wizard, che arrivano tranquillamente a cinque e oltre nuovi LP all’anno, ma difficilmente, soprattutto per ciò che concerne le nuove band, passa molto tempo tra un lavoro e l’altro.

Avevo raccontato l’esordio per Matador dei londinesi bar italia sul Busca di giugno – disco che seguiva una manciata di pubblicazioni dalla più ardua reperibilità, tra l’altro vedo espunti pure dalla loro pagina Bandcamp – ed eccomi qui, appena cinque mesi dopo, a raccontarne il seguito.

Registrato lungo un periodo di otto settimane a partire dal febbraio 2023, quando il precedente Tracey Denim doveva ancora uscire quindi, The Twits, quasi inevitabilmente direi, non apporta straordinarie novità rispetto a quello, giocando più che altro con le sfumature. I riferimenti rimangono più o meno gli stessi: il bedroom pop, il post punk spesso orientato al gothic, l’indie rock chitarristico e tutto quanto possa girare attorno a questi generi.

Formati da tre cantanti songwriter, ciascuno con le proprie peculiarità – l’italiana Nina Cristante e i chitarristi Jezmi Tarik Fehmi e San Fenton (la sezione ritmica è opera di membri aggiunti) – i bar italia non s’inventano nulla di veramente nuovo, ma hanno personalità e una buona mano nello scrivere canzoni che rimangono in testa e che stuzzicano la fantasia anche di chi ha migliaia di ascolti di robe simili alle spalle. Merito di tre voci magari non irresistibili, ma senz’altro riconoscibili e complementari fra loro, di un suono dagli orizzonti non amplissimi ma vario il giusto e, come si accennava, di una scrittura che è probabilmente il frutto di tre teste che vanno in direzioni diverse, ma sono capaci di fondersi in un corpo unico.

Aiutati ancora una volta dal sapiente missaggio di Marta Salogni, brava nel mettere ordine e rendere limpido un sound che a tratti potrebbe farsi fin troppo fumoso, i tre bar italia hanno qui allineato tredici tracce che sono manifesto del punto in cui sono arrivati oggi. Ci sono i pezzi indie, chitarristici e melodici a tre voci (my litthe tony, glory hunter, la puntuta e sferragliante worlds greatest emoter), i pezzi più idiosincratici e introversi (calm down with me), quelli che sembrano mediare tra vecchi e nuovi Blonde Redhead (la pulsante e cadenzata Brush w Faith), quelli orientati al dream pop (sounds like you had to be there) o quelli che si profilano un po’ più strani e pertanto originali (la lenta Red house wibes dalle aperture Sonic Youth; il potenziale hit indie rock Hi fiver, trattenuto da una sezione ritmica pigra e scazzata; la ronzante e tagliente bibs).

Soprattutto ci sono diverse ballate che, stavolta, sono forse i pezzi che più si fanno notare: l’elettroacustica e psichedelica twist, la notturna, sinuosa e acida Shoo, l’oppiacea que surprise, una Jelsy che potrebbe incarnare la loro idea di country blues. Il fatto che a tratti risultino ancora un filo acerbi, anziché essere un difetto, dà al tutto una certa freschezza che, quantomeno al momento, ce li fa apprezzare ancora parecchio. Almeno fino alla prossima uscita.

Lino Brunetti

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